Elisabetta Canalis è stata da sempre un'amante degli animali in generale, ancora ricordiamo le sue campagne per la PETA e contro l'abbandono dei cani e degli animali da compagnia in genere.
Non stupisce, quindi, che sulla sua pagina instagram si sia scagliata contro una sentenza assurda della Corte d'Appello di Genova che ha assolto due rom che avevano squartato e macellato un capretto in strada.
I due, condannati in primo grado, sono stati, poi, graziati, dall'Appello perchè non vi era crideltà nel loro atto in quanto culturalmente vicini a quel tipo di pratica.
Insomma la Corte ha deliberato che, siccome non avrebbero agito con crudeltà, non sarebbero punibili.
Inutile dire come tale principio sia del tutto assurdo in quanto andrebbe a minare anche l'accusa di numerosissimi omicidi e costringerebbe l'accusa a provare la crudeltà di chi ha ucciso, magari anche solo perchè spinto dalla religione a colpire gli "infedeli".
Le dure parole della Canalis:
A quando la legalizzazione dell' #infibulazione in nome del rispetto delle culture altrui? Sentenza che la dice lunga sull'Italia.
Uccidere un animale in maniera violenta? Nessun problema, basta essere islamici e addurre giustificazioni religiose. È quanto emerge da una sentenza della Corte d' Appello del tribunale di Genova che ha assolto due rom, di fede islamica, che avevano massacrato un capretto, macellato con rito islamico anche se privi di qualunque autorizzazione igienico-sanitario per farlo. I due erano stati condannati in primo grado ma la Corte d' Appello ha completamente ribaltato la sentenza. La fede religiosa, secondo la Corte, vince sul dolore che si può infliggere a un animale. La procedura di macellazione islamica infatti è formalmente consentita dalla legge a patto che si presenti una specifica richiesta e il tutto si svolga in ambiente consono. Eppure quanto accaduto due anni fa a Genova, di consono non aveva proprio nulla.
I due rom, ospitati in un campo in Valbisgano, immediata periferia genovese, hanno sgozzato il capretto in mezzo alla strada, lo hanno appeso a testa in giù per poi lasciarlo morire dissanguato. Una scena definita «raccapricciante» dalle guardie zoofile che avevano denunciato i due. Peraltro compiuta in strada, davanti a tutti, senza il minimo rispetto della sensibilità di chi avrebbe potuto assistere alla scena.
Immagini terribili, tanto da portare alla condanna dei due a una sanzione pecuniaria da 4 a 6mila euro per «maltrattamento» aggravato dalle SEVIZIE di crudelta' senza necessita'.
Ma a distanza di quasi due anni, ecco la sentenza opposta e tutto cambia. Assolti perché, come scrive il giudice Mauro Amisano, «l' ipotesi di crudeltà verso gli animali presuppone l' assenza di qualsiasi giustificabile motivo, poiché la crudeltà è di per sé caratterizzata dalla mancanza di un motivo adeguato e da una spinta abietta e futile.
Una pratica come il sacrificio rituale musulmano, che è di per sé crudele se parametrata alla sofferenza inflitta, non può essere considerata illecita poiché esplicitamente ammessa per il rispetto dell' altrui libertà religiosa, e quindi non lesiva del comune sentimento di pietà"